LaRecherche.it

« indietro :: torna al testo senza commentare

Scrivi un commento al testo di Giuliano Brenna
Il piccolo libraio di Archangelsk

- Se sei un utente registrato il tuo commento sarà subito visibile, basta che tu lo scriva dopo esserti autenticato.
- Se sei un utente non registrato riceverai una e-mail all'indirizzo che devi obbligatoriamente indicare nell'apposito campo sottostante, cliccando su un link apposito, presente all'interno della e-mail, dovrai richiedere/autorizzare la pubblicazione del commento; il quale sarà letto dalla Redazione e messo in pubblicazione solo se ritenuto pertinente, potranno passare alcuni giorni. Sarà inviato un avviso di pubblicazione all'e-mail del commentatore.
Il modo più veloce per commentare è quello di registrarsi e autenticarsi.
Gentili commentatori, è possibile impostare, dal pannello utente, al quale si accede tramite autenticazione, l'opzione di ricezione di una e-mail di avviso, all'indirizzo registrato, quando qualcuno commenta un testo anche da te commentato, tale servizio funziona solo se firmi i tuoi commenti con lo stesso nominativo con cui sei registrato: [ imposta ora ]. Questo messaggio appare se non sei autenticato, è possibile che tu abbia già impostato tale servizio: [ autenticati ]

Il signor Jonas è il libraio della piazza del Vieux-Marché, metodico e sistematico, quale può essere un libraio e, soprattutto, un filatelico. Egli vive una tranquilla e dignitosa esistenza, a fianco della giovane ed irrequieta moglie Gina, dall’incedere ancheggiante e soffuso di caldo afrore ascellare. Un giorno Gina sparisce, forse una delle sue solite scappatelle, tanto che il marito non si agita più di tanto, ma per salvare le malconce apparenze comincia a mentire al vicinato dicendo che la consorte è in viaggio nella città vicina per visitare una amica della quale si sa essere dai facili costumi, un po’ come Gina, ma in questo caso estranea alla sparizione. Sconcertato, il libraio, scopre che la moglie è partita senza bagagli ma senza dimenticare di portare con sé i pezzi più rari della collezione di francobolli, dall’elevato valore ma assolutamente intraducibili nell’immediato in danaro contante. Col passare dei giorni e col prolungarsi dell’assenza della donna il sentire comune del popolino del Vieux-Marché comincia a mutare sino a sfociare in un vero e proprio odio verso il piccolo ed innocente libraio, il quale si sente lentamente ma inesorabilmente escludere da quello che è stato sino quel dì il suo microcosmo. Ambiente dal quale non si è mai voluto staccare, considerandosi parte di quella variegata società che aveva accolto la sua famiglia esule dalla Russia in rivolta. Il signor Jonas nelle angoscianti ore dell’assenza di Gina rivive la sua esistenza, soffermandosi sul matrimonio con la donna, già additata dai più come “leggera” ma sposata forse proprio per porla al riparo dalle maldicenze e per tentare di aiutarla. Col matrimonio l’uomo rammenta di come, quasi in segreto, ha abbandonato la religione ebraica per diventare cristiano, per essere ancor più intimamente parte di quel nucleo nel quale la sua esistenza si è inserita. L’unico legame che serba con la Russia è un album di francobolli, sterile sostituto del più tradizionale album di fotografie. Jonas sente di essere parte integrante della vita della piazza del mercato ove la sua bottega affaccia, accanto al caffé e agli altri negozi. Quel che non sospetta il nostro protagonista è che la sparizione di Gina rimetterà in moto l’odio sordo e cieco che le folle hanno verso il diverso, l’estraneo, l’alieno. Nelle ore che si susseguono, nella mancanza della consorte, Jonas si sente catapultato fuori dalla società di cui era convinto di essere parte, il suo essere Russo, ebreo, colto diventano improvvisamente fardelli dal quale è impossibile liberarsi e che lo porteranno sempre più a fondo. Paradossalmente Jonas verrà giudicato aspramente per il suo non voler giudicare, per il cercare di capire, per la sua diversità di vedute resterà schiacciato proprio sotto quel che lui non vuole fare od essere. Sarà banale definire perfetto un romanzo di un grande scrittore come Simenon, ampiamente riconosciuto da chiunque come grande romanziere? Io lo dico, sottovoce, per sottolineare la perfezione della costruzione del romanzo, che sembra quasi matematico, dalle proporzioni esatte, nella lunghezza, nella divisione tra le varie parti, nelle descrizioni. La trama è assolutamente geniale, riesce a portare alla luce sentimenti comuni e che purtroppo capita sovente di vedere da una angolazione originale. La narrazione inizia in modo quasi lento, regolare, e a qualche diecina di pagine dall’inizio al lettore sembra che il romanzo si sia esaurito, è a quel punto che iniziano le sorprese, la scrittura accelera, comincia a modificare la sua struttura, dopo il viaggio in Russia con la famiglia di Jonas, l’atmosfera cambia. Pagine che sembravano di quieta attesa diventano più minacciose, l’atmosfera diventa cupa, la scrittura si fa più tesa, la tranquilla meticolosità del protagonista pare a tratti rasentare la follia; la linea di demarcazione che separava buoni e cattivi, verità e menzogna, sospetti e certezze si va scolorando, sparisce alla vista del lettore e del protagonista, giungendo ad un parossismo di tensione e sospetto che mi ha ricordato certi film di Hitchcock. Il linguaggio rispecchia fedelmente quel che doveva essere la conversazione nelle cittadine francesi dell’epoca, siamo nel 1956, laddove salutare una persona aggiungendo o meno il cognome faceva una grande differenza; Jonas capisce di essere perduto agli occhi della società quando viene salutato con un semplice “Buongiorno” anziché l’abituale “Buongiorno signor Jonas” simbolo di rispetto e di appartenenza, ed il protagonista più di ogni altra cosa sente la mancanza di quel “signor Jonas”  attestato di cittadinanza al Vieux-Marché. Il romanzo scorre veloce nella brevità delle sue 172 pagine ottimamente tradotte, con ritmi quasi da cronaca giornalistica, sebbene siano presenti tutti gli elementi che danno grazia ed eleganza ad un bel romanzo; tuttavia l’assoluta mancanza di ironia o di alleggerimenti dai fatti suscita nel lettore un senso di grande serietà, a volte quasi di cupa oppressione, dimostrando la maestria di Simenon nel creare un romanzo anche con le impressioni che riesce a trasmettere tra le righe, anche con il non espressamente detto. Il senso crescente di cupezza claustrofobica rispecchia nel lettore quel che è il sentire del protagonista.


Nessun commento

Leggi l'informativa riguardo al trattamento dei dati personali
(D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196 e succ. mod.) »
Acconsento Non acconsento
Se ti autentichi il nominativo e la posta elettronica vengono inseriti in automatico.
Nominativo (obbligatorio):
Posta elettronica (obbligatoria):
Inserendo la tua posta elettronica verrà data la possibilità all'autore del testo commentato di risponderti.

Ogni commento ritenuto offensivo e, in ogni caso, lesivo della dignità dell'autore del testo commentato, a insindacabile giudizio de LaRecherche.it, sarà tolto dalla pubblicazione, senza l'obbligo di questa di darne comunicazione al commentatore. Gli autori possono richiedere che un commento venga rimosso, ma tale richiesta non implica la rimozione del commento, il quale potrà essere anche negativo ma non dovrà entrare nella sfera privata della vita dell'autore, commenti che usano parolacce in modo offensivo saranno tolti dalla pubblicazione. Il Moderatore de LaRecehrche.it controlla i commenti, ma essendo molti qualcuno può sfuggire, si richiede pertanto la collaborazione di tutti per una eventuale segnalazione (moderatore@larecherche.it).
Il tuo indirizzo Ip sarà memorizzato, in caso di utilizzo indebito di questo servizio potrà essere messo a disposizione dell'autorità giudiziaria.